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Dal Vangelo secondo Davide

7 Marzo 2011 Nessun commento

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Si narra che un dì l’Inghilterra fiorì | di audaci cavalier; | il buon re morì senza eredi e così | agognaron tutti al poter. | Soltanto un prodigio poté salvar | il regno da guerre e distruzion: | fu la Spada nella Roccia che un bel di’ | laggiù comparì.

Così, come iniziava il film di animazione della Disney, potrebbe iniziare questa storia.

Si racconta che un giorno la nazione fiorisse di nobili e saggi governanti; ma uno dopo l’altro essi furon cacciati da un manipolo di sinistri che si posero a giudici e maestri e che avevano come unico scopo la presa del potere. Soltanto un prodigio potè salvare il regno da guerre e distruzioni, da un futuro incerto, soffocante, illiberale: fu un benefattore che un bel di’ laggiù comparì.

«Descendit de coeli propter nos homines» e venne ad «habitare in nobis propter nostra salutem». Era il 26 gennaio 1994 e le sue parole furono:

«l’Italia è il paese che amo».

Era la dichiarazione sovrana proveniente da uno che, se avesse voluto, avrebbe potuto continuare una vita felice in sé e per sé, oppure avrebbe potuto prescegliere altri luoghi per vivere o per discendere sulla terra. L’Italia, così, è diventata la prediletta che, in virtù di questa predilezione, dovrà ricambiare l’amore che tanto gratuitamente le è stato donato.

Poi egli proseguì:

«Ho sentito una specie di responsabilità che non poteva essere elusa e, forse esagerando, mi sono sentito nella condizione di chi, dovendo partire per un bel viaggio si è trovato improvvisamente davanti qualcuno bisognoso d’aiuto. Ecco, nonostante la prospettiva del viaggio, della vacanza programmata, non sarebbe stato possibile girare la testa dall’altra parte, si sarebbe trattato di una vera e propria omissione di soccorso. È per questo – perché ci sentiamo tutti responsabilmente chiamati a uscire dal nostro egoismo per fare quanto possiamo per il nostro Paese – che noi siamo qui, che abbiamo risposto a questa specie di chiamata alle armi. È per questo che oggi noi siamo qui, con la volontà di cominciare da qui un lungo cammino, un cammino di speranza e di fiducia nel nostro futuro. Credevo di avere finito con i traguardi e con gli obiettivi, credevo che la mia corsa fosse arrivata finalmente alla meta finale, credevo di poter fare il nonno, di leggere i libri che non ho letto, di vedere i film che non ho visto, di ascoltare le musiche che mi piacciono. Ma ecco profilarsi un pericolo grande per il nostro Paese, qualche cosa che poteva cambiare la nostra vita e soprattutto la vita delle persone a cui vogliamo bene: un futuro incerto, soffocante e illiberale. Ecco allora improvvisamente un nuovo irrinunciabile traguardo: garantire al Paese la permanenza nell’occidente, nella libertà, nella democrazia».

(Una storia Italiana)

C’è un popolo intero che ha bisogno di soccorso, che è in balia di briganti senza scrupoli. Non corrispondere a una tale chiamata sarebbe un atto di egoismo. Ci sono scettici, miscredenti e invidiosi, che non sanno apprezzare e pensano che la politica sia il luogo del potere, necessario ma pericoloso. No: è il mezzo per portare soccorso, necessario e benefico, dunque, a condizione che colui che se ne impossessa sia non il politicante, ma il benefattore. I limiti e i controlli entro i quali occorre chiudere i politicanti, che possono sempre abusare del potere, sono semplicemente assurdi impedimenti se messi addosso al benefattore, per impedirgli di bene-fare ai bisognosi di lui.

Chi potrebbe resistere a cotanto amante, a un simile seduttore? Chi potrebbe a sua volta non riamarlo? Ma se non riama? Se l’amore non è corrisposto? Se non c’è corrispondenza ad un amore così grande da comportare il sacrificio della propria vita beata, è perché qualcuno odia.

«Noi non abbiamo in mente una Italia come la loro, che sa solo proibire ed odiare. Noi abbiamo in mente un’altra Italia, onesta, orgogliosa, tenace, giusta, serena, prospera, un’Italia che sa anche e soprattutto amare»

(S. Berlusconi, L’Italia che ho in mente, Mondadori, Milano, 2000, p. 280).

Il Kérygma

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Dizionario del cittadino: “popolo”

12 Settembre 2009 Nessun commento

Questo termine si usa come sinonimo per indicare l’insieme dei cittadini di un paese, quasi sempre con intenzione encomiastica (il popolo è sempre nobile, non sbaglia mai e via dicendo) e spesso ha un che di pacchiano (un po’ come dire «destriero» invece di cavallo). Però a volte lo utilizzano anche i nazionalisti e i fautori del collettivismo di vario colore per indicare una entità superiore ed eterna, opposta ai singoli individui in carne ed ossa, una specie di divinità politica che ha sempre ragione, al di sopra e contro di essi: ciò che conta è quel che vuole il popolo (cioè, quel che dicono coloro che parlano in suo nome), al di la di quel che ognuno vuole individualmente. In generale, questo tipo di «popolo» fonda sempre le proprie ragioni nelle radici del passato: invece, i cittadini sono degli sradicati (dalla tradizione e dalle sue genealogie leggendarie), in cerca di un futuro nuovo e comune.